Fu sede di insediamenti umani fin da epoche remote
Olmedo Olmedo è un paese di circa 3.000 abitanti e si estende su un terreno calcare e tranchitico a circa 60 m. sul livello del mare. Dal punto di vista geografico, il paese dista da Alghero 12 km., da Sassari 18 km. e da Porto Torres 25 km.. L’origine del paese non ha una datazione certa e per inquadrarlo dal punto di vista storico bisogna ricorrere a notizie frammentarie raccolte in una bibliografia non eccessivamente ricca. Di sicuro si conosce che Ulumetu o Ulumetum venne distrutta nel 1540 a causa di incursioni e razzie di corsari, all’epoca assai frequenti sul territorio isolano. Il signore del luogo, Giacomo Mercer, con propri fondi si dedicò alla sua lenta ricostruzione, tanto che nei primi anni del XVII sec. Olmedo conta appena una quarantina di abitanti e, andando più avanti, nel 1751, circa 110. Le origini del toponimo sono legate al bosco di olmi che si trovava in prossimità del villaggio, che era attraversato dalla strada che da Sassari conduceva ad Alghero. Pur non avendo datazioni certe, il territorio olmedese fu sede di insediamenti umani fin da epoche remote. A testimonianza di ciò vi sono numerosi nuraghi e il ritrovamento di bronzetti nuragici presso la Villa Romana di Talia e nel Camposanto, tanto che nella celebre carta nuragografica del Nissardi, del 1914, si attesta che l’area è fra quelle con la più elevata densità di insediamenti archeologici in Sardegna. I monumenti individuati attestano la presenza umana fin dal Neolitico recente (3500-2700 a.C.) e sono rappresentati da domus de janas, da grotticelle artificiali neolitiche funerarie scavate nella roccia, come ad esempio in località Pulpazos, dal complesso megalitico di Monte Baranta, dagli svariati nuraghi (Basciu, Sfundadu, Talia, Coinzolu, Su adu e s’elighe, Pedra de fogu, Antoni Steddadu, Biancu, S. Caterina, Masala, Monte Mesu, Sa Femmina, Mannu) con i relativi villaggi disposti quasi a schiera in pianura lungo i principali corsi d’acqua, di cui è ricco il territorio (Pulpazos, Monte Nesu, S. Caterina, Su adu de s’elighe, Coinzolu, Talia, Masala, Biancu). Non mancano altresì i luoghi sacri legati alla presenza di acque sorgive. Del periodo fenicio-punico si riscontrano poche testimonianze ma assai significative: alcune ceramiche puniche o di tradizione punica sono state rinvenute presso i siti nuragici. Dal pozzo sacro presso la località Camposanto, proviene invece un bronzetto di fattura siro-palestinese, databile attorno al X sec. a.C., attestando rapporti con il mondo fenicio alcuni secoli prima della colonizzazione punica (535-238 a.C.). Le testimonianze dei sette secoli di dominazione Romana (238 a.C.-476 d.C.) sono diverse e diffuse un po’ ovunque, identificandosi nella maggior parte dei casi in ville rustiche e fattorie, aree sacre e funerarie, che spesso coincidono con quelle di epoca nuragica o sorgono non lontano da queste (come ad esempio Talia, Camposanto-binzas, La Vigna, Lubinu). Materiale ceramico di epoca romana si rinviene sul piano di campagna in quasi tutti i siti nuragici.
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